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martedì, Settembre 26, 2023

Il Fosso dell’Acqua Calda

Il Fosso dell’Acqua Calda

Un luogo magico presso i Sassoni di Furbara, tra grotte scavate nel travertino e piscine naturali di acqua

Prendiamo subito le coordinate. Stiamo parlando dei Sassoni di Furbara, di cui ho scritto nella mia ultima guida, L’Avventura fa 90: è uno dei siti più interessanti della provincia di Roma. Fino a non molto tempo fa erano terreno di arrampicata per papà, che iniziavano i bambini alla nobile arte.
Queste rupi destano meraviglia già osservandole dalla panoramica strada che da Furbara sull’Aurelia sale verso Sasso. E questa era l’immagine che avevo avuto di loro per decenni.


L’idea dell’amico Pierpaolo, il “Lucumone Massimo” dei Monti del Tolfa, era quella di scalare i faraglioni, pardon, i Sassoni, e poi di andarci fare un bagnetto caldo al non lontano Bagnarello. Invece la giornata andò ben diversamente e ne state per leggere.
Tanto per cominciare, Pierpaolo si era inventato un itinerario originale che permetteva di giungere ai piedi dei Sassoni dalla parte opposta all’ex sentiero che partiva dalla strada per Sasso. Arrivandoci alle spalle, i Sassoni erano ancora più impressionanti.
In realtà vedevamo solo quello occidentale, che potevamo però, da tale angolazione, ammirare nella sua interezza: una gigantesca scheggia di roccia; una sorta di faraglione grande di Capri.


Prima di salire i Sassoni c’era da guadare il Fosso dell’Acqua Calda, il piccolo fiume che lambisce le basi dei Sassoni e sulle rive del quale non ero mai sceso in precedenza. Sai com’è. Uno arriva fomentato ai Sassoni per la via normale e si fa le arrampicate di rito. Poi i bollori svaniscono e la perlustrazione in discesa verso il Fosso dell’Acqua Calda che uno programma, viene sempre rinviata, visto che poi c’è da risalire e uno è stanco e non c’è mai tempo.
Ed ecco la prima sorpresa: questo fosso era un continuo di cascatelle. Certo, come gran parte dei corsi d’acqua a nord di Roma. Ma… perché non provare a risalirne un tratto e vedere com’è? E così, dopo essere saliti su entrambi i Sassoni, scendemmo di nuovo sulla riva del fosso dell’Acqua Calda (ah! acqua calda non ne trovammo. Ma di certo, quantomeno in passato, c’erano nei pressi sorgenti calde) e cominciammo ad andare verso monte.
Ci accorgemmo presto che a livello estetico stava un palmo sopra la maggior parte dei corsi d’acqua della provincia di Roma che eravamo soliti percorrere. Le cascatelle e le piscine balneabili si susseguivano.


Dopo circa un’ora e mezza di continui destreggiamenti fra i massi bagnati, giungemmo ai ruderi di una delle tante mole che, sappiamo, furono edificate lungo i tanti corsi di acqua perenne intorno a Roma, dovendo le mole, appunto, sfruttare l’acqua tutto l’anno.
E allora questa mola potrebbe indicare il fatto che questo corso d’acqua è perenne (quindi un vero fiume) e che quindi vi si potrebbe balneare d’estate, a meno che la falda non si sia abbassata, come anche capita spesso, per via delle captazioni nel tempo o di movimenti tellurici. I ruderi erano suggestivi, al solito.
Il fatto è che si trovavano sulla riva di un laghetto dalle intense sfumature arancioni per via delle acque ferruginose presenti, e questo rendeva singolare il luogo.
Ah! Non avevo ancora scritto che, per soprammercato, risalendo il fosso, avevamo incontrato una bancata di travertino affogata in un mare di tufo. E sappiamo cosa succede quando un corso d’acqua della Campagna Romana intercetta il travertino: il carbonato di calcio presente nelle acque si deposita su alghe, rametti… e crea fantastiche decorazioni istoriate. Ebbene, presso questa mola, la formazione del travertino è così recente che rami e foglie sembravano ancora tali, pur se pietrificati.
Potevamo essere soddisfatti di quanto visto fino a quel momento: erano sì quattro ore di fatica, ma avevamo “scoperto” un sito sorprendente e a noi sconosciuto. La cartina IGM prometteva altre sorprese non lontano. E così risalimmo la valle in cerca di una grotta che sembrava interessante. Altroché se lo era!


Era scavata nel banco di travertino e, quindi, simile alle grotte istoriate di San Cosimato a Vicovaro e, soprattutto, simile alle grotte pensili lungo il Fiora, a Vulci, dove si trova un’altra superba bancata di travertino, anch’essa affogata in un mare di tufo. Finalmente stavamo tornando alle auto, quando udii un gorgoglio poco lontano.
“Aspettate!”, esclamai. “Vado a vedere oltre quella collinetta. Torno subito!” Invece non tornavo più. Sentivo che mi chiamavano, ma ero ipnotizzato dallo spettacolo che si era materializzato davanti ai miei occhi. Così dopo poco arrivarono, scocciati dalla mia lentezza visto che si stava facendo tardi.
Ma, giunti vicino a me, si ammutolirono anch’essi. A suo tempo ero rimasto meravigliato da alcuni fossi fra Roma e S. Gregorio da Sassola, che incrociano la grande bancata di travertino che arriva a Tivoli e Guidonia e dalla quale si estrae il travertino più celebre al mondo.
Lungo questi fossi le concrezioni, le vaschette istoriate, gli arabeschi di rametti fossili che si intersecano come nei porticati dei giardini dell’Alhambra, si susseguono per chilometri. Ma qui, fra Cerveteri, Sasso e Pian della Carlotta, tutto era moltiplicato a dismisura: le vaschette che troviamo fra Roma e San Gregorio da Sassola qui erano vere piscine: una di seguito all’altra. E le concrezioni, gli arabeschi: a perdita d’occhio.
Uno dei luoghi vicino Roma più ammalianti che abbia mai visto.

Luigi Plos

www.luigiplos.it

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