Ripartiamo dai territori
Il rapporto di fine anno del Censis ha presentato un quadro del Paese con alcune luci ma anche con molte ombre. C’è da lavorare ancora tanto, e la fuoriuscita dal tunnel non potrà realizzarsi senza la ripartenza dei nostri territori, i quali continuano ad aver bisogno di un interlocutore creditizio centrato sui bisogni di famiglie e piccole imprese
Il consueto rapporto di fine anno del Censis, che fotografa le tendenze in atto nella società italiana, ci ha regalato per il 2021 un quadro con alcune luci ma ancora con parecchie ombre. A livello generale non si può non notare, dicono dal Censis, come il Paese sia mutato dopo aver attraversato una serie pressoché senza fine di crisi ed emergenze. Anche alla luce dei cambiamenti posti dalla pandemia, dunque, “è il tempo di un cronoprogramma serio”, di riforme strutturali, dell’intervento pubblico e finanche di scelte coraggiose. L’adattamento continuato non regge più, insomma, e il nostro sistema istituzionale deve ripensare sé stesso. Siamo di fronte a una società che potrà riprendersi più per progetto che per spontanea evoluzione.
E questo nonostante i dati più recenti abbiano certificato come in Italia l’aumento del PIL nel 2021 dovrebbe assestarsi intorno al 6,3%. L’estensione della copertura vaccinale e l’incremento della mobilità hanno reso possibile la ripresa dei consumi di servizi da parte delle famiglie, che si è associata al recupero già in atto degli investimenti. Tuttavia, l’irrazionale che oggi si manifesta nella nostra società non è semplicemente una distorsione legata alla pandemia, ma ha radici socio-economiche profonde. Dipende dal fatto che siamo entrati nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali. Questo determina un circolo vizioso: bassa crescita economica, quindi ridotti ritorni in termini di gettito fiscale, conseguentemente l’innesco della spirale del debito pubblico, una diffusa insoddisfazione sociale e una sempre più diffusa tendenza ad assumere atteggiamenti, per l’appunto, irrazionali.
C’è un boom della povertà, spiega infatti il Censis: nel 2020 due milioni di famiglie italiane risultavano in povertà assoluta, con un aumento rilevante (+104,8%) rispetto al 2010 (980.000). Il rapporto evidenzia anche come la pandemia abbia accentuato il senso di vulnerabilità: il 40,3% degli italiani si sente insicuro in tema di salute e preoccupato rispetto alla necessità di dover ricorrere a prestazioni sanitarie.
Sui giovani, poi, il prolungato periodo di pandemia ha provocato effetti collaterali non indifferenti dal punto di vista psicologico, rileva ancora il rapporto. Molti dirigenti scolastici hanno segnalato che tra gli studenti sono sempre più diffuse forme di disagio esistenziale. E il mercato del lavoro? È percepito come qualcosa di rigido e statico. Il 30,2% degli intervistati pensa che a bloccare l’ingresso nel mondo del lavoro siano gli stipendi troppo bassi; a seguire, per il 29,9%, non ci sono condizioni favorevoli per chi vuole avviare un’attività in proprio. Tanto che, dal 2008 al 2020 il lavoro autonomo ha perso 719mila unità, passando da quasi 6 milioni di occupati a poco più di 5 milioni.
C’è – è vero – un forte recupero dei consumi delle famiglie (+14,4% tra il secondo trimestre del 2020 e il secondo del 2021), che è figlio dell’allentamento delle misure di contenimento del contagio. Ma rimaniamo ancora distanti dai livelli di spesa del 2019. C’è da lavorare ancora molto, insomma. Per quanto riguarda BCC Roma i dati di fine anno ci dicono che la nostra Banca, nell’ambito del Gruppo Iccrea, sta facendo la sua parte con costanza e convinzione. È il nostro contributo alla fuoriuscita dal tunnel, che non potrà realizzarsi senza la ripartenza dei nostri territori, i quali continuano ad aver bisogno di un interlocutore creditizio centrato sui bisogni di famiglie e piccole imprese.
MAURIZIO ALETTI