Il Sermoneta e l’adorazione dei pastori
Nella chiesa di Santa Maria della Pace i visitatori possono ammirare un’opera che, in mezzo ad altri superbi capolavori, parla con un linguaggio semplice alla loro sensibilità, per incantarli con la tenerezza più che con lo stupore
Posta nel cuore di Roma, dietro Piazza Navona, tra i rioni Ponte e Parione, la chiesa di Santa Maria della Pace, nel suo aspetto esterno, domina il piccolo spazio della piazzetta antistante con il monumentale portico e la scalinata della sua facciata, che si allunga in due ali laterali ad inglobare lo spazio urbano. Ed in effetti Piero da Cortona, il grande architetto che tra il 1656 e il 1657, ristrutturò la piccola chiesa quattrocentesca preesistente, volle riedificarne completamente la facciata, in modo tale che l’articolarsi plastico dei suoi elementi divenisse una struttura scenografica capace di imporsi in modo assoluto rispetto a tutte le altre presenze architettoniche circostanti. Tanto che, per farle spazio, molte case furono abbattute.

dei pastori, 1565
Nel suo interno splendono opere di illustri pittori che vanno dalle cinquecentesche sibille di Raffaello agli esemplari più raffinati del Manierismo e del ‘600, come gli affreschi di Rosso Fiorentino nella Cappella Cesi o la tela del Battesimo di Gesù di Orazio Gentileschi nella cappella Olgiati. Tutte opere la cui diversa bellezza è sapientemente armonizzata in questo spazio attraverso la ricchezza architettonica del linguaggio barocco di Pietro da Cortona.
A sinistra dell’altare maggiore, edificato da Carlo Maderno, si trova una elegante cappella, detta del Presepe, nella quale spicca la pala d’altare, una tavola dove il Sermoneta ha raffigurato l’Adorazione dei Pastori, mentre sulle pareti laterali sono dipinti, dallo stesso autore, sant’Andrea e San Sebastiano.
Questo artista, pur essendo meno noto di altri maestri presenti nella chiesa, rappresenta però un esempio interessantissimo dell’esito devozionale impresso dalla Controriforma alla pittura dell’ultimo Rinascimento. Egli seppe infatti fondere le necessità religiose di una rappresentazione autorevole dei contenuti sacri con una naturalezza figurativa lontana dagli esiti stilisticamente più complessi del Manierismo a lui contemporaneo. Nato a Sermoneta, in provincia di Latina, Girolamo Sciolante, detto il Sermoneta, passò quasi tutta la sua vita a Roma e si formò avendo come maestro Perin del Vaga, uno dei più importanti allievi di Raffaello.
Ma a Roma ebbe certo presente anche la monumentalità delle figure michelangiolesche, come si vede in alcuni particolari di questa Adorazione, quali l’atteggiamento pensoso di San Giuseppe e il drappeggio azzurro che avvolge i fianchi e le gambe della Vergine, seduta in una posa scorciata in modo complesso come molte figure del maestro fiorentino.

a del dipinto ha però uno stile figurativo lontano, sostanzialmente, sia dalle impostazioni drammatiche dei personaggi di Michelangelo che dalla forma ideale delle figure di Raffaello, perché Sermoneta semplifica quei due opposti estremi stilistici, fondendoli in una bellezza più naturale e godibile sul piano sensibile, mostrando di voler parlare ai fedeli con un naturalismo semplice e immediato. Per cui la vicenda, pur essendo lontana da ogni crudo realismo, non è posta sul piano di una autorevole distanza dalla realtà, e l’adorazione dei pastori non si rivolge alla cultura di sapienti ammiratori. Essa è invece narrata come un fatto capace di commuovere gli spettatori attraverso la delicatezza dei personaggi, sfumati in atteggiamenti garbati che nobilitano la loro presenza senza renderla irreale. I colori delle figure, armonizzati in modo raffinato, si raccordano ai colori del cielo sul fondo, in una luce che crea chiaroscuri accentuati ma non contrastati, come se un’ombreggiatura uniforme avvolgesse dolcemente, in una stessa atmosfera, angeli pastori e personaggi divini. Quasi ad individuare, come ambientazione dell’accadimento, un luogo posto a metà tra lo spazio sacro e quello terreno.
Lo spazio della cappella del Presepio finisce quindi per divenire uno spazio che, come quello del dipinto, sa creare un’atmosfera familiare ma al tempo stesso incantata. Dove i visitatori di Santa Maria della Pace possono ammirare un’opera che, in mezzo ai tanti superbi capolavori della chiesa, parla con un linguaggio semplice alla loro sensibilità, per incantarli con la tenerezza più che con lo stupore.
Licia Sdruscia