Sostenibilità, un fattore cruciale per il futuro
Siamo in tempi di Cop26 e si sente sempre più spesso parlare di transizione ecologica e di ESG. Dopo il Summit sul clima di Glasgow, insomma, la sostenibilità ambientale è diventato “il” tema da cui partire per salvaguardare il nostro futuro. La seconda intervista doppia del Laboratorio Giovani Soci ha cercato di spiegare a che punto siamo e quali saranno le conseguenze di questo cambio di paradigma per il tessuto economico. Ospiti Nicolò Rocco e Federico Versace, due esperti del settore
Il summit sul clima di Glasgow, che ha riunito i rappresentati di 200 Paesi, ha dominato le prime pagine dei giornali per settimane. Sappiamo che il compromesso con cui si è chiuso nel passaggio che riguarda la fine del carbone ha deluso molti e continua a far discutere. Il tema, infatti, è ormai di cruciale importanza per il nostro futuro e la sostenibilità ambientale sarà il fattore che caratterizzerà il modo di pensare l’economia da qui ai prossimi decenni. Per questo il Lab ha deciso di dedicare proprio alla sostenibilità la seconda intervista doppia, parte del più ampio progetto Next Generation BCC Roma.


A condurre l’evento, trasmesso in streaming lo scorso 4 novembre, Andrea Dianetti, che ha interagito con Nicolò Rocco, consulente e imprenditore nell’ambito della comunicazione e delle relazioni istituzionali orientate alla sostenibilità, e Federico Versace, esperto nell’integrazione della sostenibilità nella strategia e nella gestione di impresa. Obiettivo: cercare di capire cosa accadrà nei prossimi anni e come dovrà cambiare necessariamente il modo di fare impresa. Nicolò Rocco ha spiegato come l’accompagnamento alla sostenibilità sia un servizio prezioso perché la sensibilità su questo tema è nata solo recentemente. Lo stesso per la consapevolezza dell’importanza dell’ambiente, di cui discutiamo in realtà solo da pochi decenni.

Oggi finalmente sappiamo che garantire i bisogni della generazione attuale non può avvenire a discapito dei bisogni delle generazioni future. La notizia positiva è che dagli accordi di Parigi del 2015 ad oggi la consapevolezza di ciò a cui stiamo andando incontro è molto aumentata. Vale anche per le aziende che, ha spiegato Federico Versace, sono da tempo al centro del dibattito sulla sostenibilità. Oggi un’azienda deve tenere insieme nella sua attività tre fattori fondamentali, che potremmo anche chiamare le tre P: People, Planet e Profit. Il profitto è indispensabile, certo, così come le relazioni con la società in cui opera – si pensi alla gestione del lavoro. Allo stesso tempo c’è la “questione pianeta”: l’ambiente è ormai percepito come un bene comune. Per questo sentiamo tanto parlare di ESG (Environmental, Social and Corporate Governance) acronimo che si utilizza per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile, che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale e sociale. La sostenibilità è dunque un nuovo, cruciale obiettivo per le aziende, che contempera l’aspetto più propriamente economico con quello della responsabilità ambientale. Ma cosa spinge un’azienda a considerare prioritari gli obiettivi ESG? Un po’ la forte pressione esterna, ha spiegato Versace, un po’ il rischio concreto di uscire dal mercato. Non si tratta più dunque di un’azione basata sulla buona volontà, ma sostanzialmente di un obbligo. Versace e Rocco hanno poi affrontato la questione del green washing.

Vi sono aziende, in altre parole, che pubblicizzano il proprio impegno sostenibile solo per una questione di immagine, ma che in realtà sul punto non fanno sostanzialmente nulla. Ecco perché si parla anche di comunicazione sostenibile, quella comunicazione di aziende che, al contrario, sono trasparenti, riconoscono l’impatto ambientale della propria produzione e si impegnano con dati controllabili a ridurlo significativamente nel tempo. Certo, non si può diventare a impatto zero nel giro di poco tempo, ma è necessaria una governance che mostri la volontà di imboccare un cammino sostenibile. Per le aziende piccole, non quotate, questo sforzo è più difficile, ma inizia ad avere dei ritorni. Pensiamo ad esempio alle gare per l’affidamento di lavori: qui la sostenibilità sta diventando un fattore decisivo per il successo delle proprie proposte. Nel corso della discussione è emerso un dato interessante: oggi in Europa a dover redigere il proprio bilancio di sostenibilità sono circa 10mila aziende, le più importanti.

A partire dal 2024, a seguito di un’azione ancora in corso portata avanti dalla Commissione Europea, saranno 50mila. Queste aziende dovranno anche vigilare sulla reputazione della propria filiera di committenti e collaboratori. Cosa fare, dunque? I due ospiti si sono trovati d’accordo nella decisiva importanza dell’innovazione tecnologica, che va sempre più incoraggiata da parte dei governi e che sola può portare a dei processi produttivi green che non mettano in crisi le aziende. D’altronde la Commissione Europea sta anche chiedendo all’Eba (l’autorità bancaria europea) di catechizzare i propri associati al fine di rendere la sostenibilità un fattore dirimente del merito creditizio delle aziende.
Ciò significa incoraggiare il credito agevolato ai soggetti che rispettano determinati parametri e spingere coloro che non rispettano questi parametri ad avviarsi lungo il percorso della sostenibilità. Insomma, hanno concluso i due ospiti, il tema è di enorme complessità e potrà essere affrontato solo con uno sforzo complessivo, stante l’interconnessione totale del pianeta soprattutto in materia economica.