Le immagini “assolute”
di Tentorio e Mastrangelo
Il 22 maggio presso un noto ristorante romano, specializzato in cucina partenopea – lo chef è di Capri – si è svolto un singolare evento gastronomico-culturale. Due dipendenti della BCC di Roma, Luca Tentorio e Giulio Mastrangelo, entrambi appassionati di fotografia, hanno esposto delle opere realizzate appositamente per l’occasione; nei giorni precedenti infatti si sono recati sull’isola forse più nota del Mediterraneo per effettuarvi degli scatti risultati niente affatto convenzionali, ma dai quali traspare “una nuova purezza fondata sulla trasformazione della veduta in visione”, come sottolinea, nella nota che accompagna le foto qui pubblicate, il prof. Gabriele Simongini, illustre critico e Storico dell’Arte che ha visitato la mostra. Le opere sono state esposte sulle pareti del locale senza l’indicazione specifica dell’autore, quasi a voler significare che si trattava di immagini assolute, oggettive, e non di “interpretazioni del reale”, quali in effetti sono.
Un infinito respiro interiore
Mai quanto oggi la fotografia sembra alla portata di tutti, grazie agli smartphone, come una forma d’espressione democratica, rapida, facile, da lasciare poi in balia delle manipolazioni digitali e dei social network. Ma la vera fotografia, in sé artistica, richiede invece attenzione, concentrazione, magistero compositivo, il “killer instinct” dell’attimo giusto. Lo si vede bene negli scatti di Giulio Mastrangelo e Luca Tentorio dedicati all’isola di Capri, sicuramente tra i soggetti più fotografati al mondo e quindi motivo quanto mai difficile per una sorta di inarrestabile logorio delle sue stesse immagini.

Eppure, nelle opere dei due fotografi, Capri sembra riacquistare o rivelare al nostro sguardo una nuova purezza fondata sulla trasformazione della veduta in visione. E Mastrangelo e Tentorio danno il meglio di sé nella ricerca di una sospensione contemplativa ed enigmatica che si misura di volta in volta con la schiuma gorgogliante provocata dal traghetto in partenza, tanto da trasformarla quasi in un quadro informale inteso come estrema immersione nella natura, oppure con lo scenario dell’isola in lontananza vista da un oblò della nave umido ed appannato, o, ancora, in alcune rovine della Villa di Tiberio i cui mattoni angolari si incuneano nel cielo con una perfezione ritmica quasi musicale che certo ha rapito gli autori degli scatti in questione.

E così le loro foto possiedono una “verità” che dialoga perfettamente con queste riflessioni di Raffaele La Capria: “Capri è verticale – è tutto un salire con lo sguardo, e con lo sguardo scendere. E trovare sempre l’azzurro, pur se non è lo stesso azzurro, mai. E trovare sempre trasparenze, che non sono però le stesse trasparenze, mai. Cielo e mare si riflettono, sopra uno sempre l’altro sta, il colore se lo rubano a vicenda, ma i loro riflessi non si somigliano. Mai.”

Nelle foto non v’è traccia, per fortuna, di presenze umane, che disturberebbero quello che, soprattutto per Mastrangelo, sembra diventato un luogo dell’anima, dove dimorare silenziosamente per cercare prima di tutto se stesso attraverso il mistero sempre nuovo dello sguardo. Lo vediamo, fra l’altro, in quel senso del sublime che lo porta a cogliere mirabilmente l’unione di cielo e mare raggiungendo, ancora una volta, un’estatica sospensione che blocca il tempo, trasformandolo in illimitato respiro interiore.
Gabriele Simongini